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aerodinamica & design 3/8 |
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nome |
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aerodinamica
& design |
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descrizione |
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articolo
sui rapporti tra l'aerodinamica e il design |
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autori |
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Ottorino
Piccinato, ing.enrico
benzing
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contributi |
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annina motta, antonella ponti, arianna carrozzo, chiara tiego, clarissa steiner, Dario Colombo, debby viganò, elisabetta furnò, jessica alberti, Maria Fumagalli, Michele De Angelis, pietro bassani, russel davidson |
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continua
da pagina 2 |
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insomma,
l'auto da corsa dell'era moderna nasce e si sviluppa alla
luce delle caratteristiche aerodinamiche che si vogliono o
che si possono ottenere
non più secondo l'unica direttiva
della riduzione della resistenza all'avanzamento, che per
lunghi anni ha impegnato la ricerca in modo esclusivo (ancor
oggi il concetto di auto aerodinamica è legato unicamente
a quello della carrozzeria filante e dei suoi super-carenaggi),
ma in funzione dei valori di deportanza conseguibili, pur
sempre riferiti a dispendi che, per entrambe le forze, sono
notoriamente proporzionali al quadrato della velocità
una forma si dice aerodinamica - questa è la
definizione del prof
a
h
shapiro - se non dà luogo
a distacco dello strato-limite"
e questo, secondo un
concetto che verrà ben chiarito, vale tanto per la
resistenza, quanto per la deportanza
il distacco dello strato-limite
dalla superficie di un corpo che si muove nell'atmosfera (o
che è investito da un flusso d'aria, come nella galleria
del vento), significa turbolenza, e quindi aumento della resistenza
o brusca caduta della deportanza
a tale completezza di concetto,
in campo automobilistico, si è giunti soltanto con
l'arrivo dei profili alari: dopo sessant'anni di competizioni,
è stato come ripartire da zero, verso nuovi orizzonti,
aperti dalle notevoli scoperte sull'aderenza tra pneumatico
e terreno
ed ecco il richiamo storico che facilita la comprensione
dei fenomeni in rapido divenire: nel gp
di germania del
1961, al nürburgring, una vettura di formula 1, la lotus
di moss, ha adottato per la prima volta gomme con battistrada
a mescola molto tenera, che, rispetto alla norma, presentavano
più alte caratteristiche di isteresi (o produzione
di calore per energia non resa) e di aderenza
questa soluzione
ha ribaltato i valori tecnici in gioco, favorendo il successo
di una macchina con bassa potenza installata, contro la dominatrice
di quella stagione, la ferrari
in particolare
si trattava
di pneumatici dunlop d12, studiati per il terreno bagnato
e utilizzati, con una certa componente di azzardo, su asfalto
quasi interamente asciutto
e ciò spiega come il processo
di trasformazione delle gomme, che l'episodio del nürburgring
ha sensibilmente accelerato, fosse già in piena fase
di maturazione, con i materiali sintetici
specie aggiungendo
le scoperte di qualche anno prima negli usa, con le coperture
per i dragster (macchine che esasperano il fattore accelerazione
anche in termini di peso aderente e di motricità),
in cui venivano introdotte le soluzioni della sezione allargata
e della fascia di rotolamento senza scolpiture |
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questo
è stato il disegno generalizzato negli anni sessanta;
ma anche con questo equilibrio delle forze, nel momento in
cui si scoprivano le nuove frontiere della maggiore aderenza
tra pneumatico e terreno, con il citato salto di cilindrata,
non tutta la potenza poteva essere trasformata in sforzi propulsivi
la sola prospettiva valida sembrava quella della trazione
integrale, soluzione già lungamente vagheggiata dai
grandi progettisti di epoche precedenti, seppure irrealizzabile
sul piano dell'alta velocità (ha fatto eccezione il
modello semplificato per l'utilizzo sull'ovale di indianapolis)
e ciò in ragione di complessità tremende delle
variabili di direzionalità, di applicazione di coppia
sulle ruote anteriori e di ripartizione antero-posteriore
della trazione, quando ancora non si conoscevano né
i giunti viscosi, né i controlli elettronici
un costruttore
specializzato in trasmissioni, come ferguson, procedeva alla
sperimentazione diretta, con una monoposto- laboratorio di
propria realizzazione e con una f
1 della b.r.m.
l'assillo
cresceva all'arrivo dei primi motori tre litri di 400 cavalli
e, a partire dal 1967, l'indirizzo sembrava segnato: quattro
ruote motrici per tutte le vetture con meno di 1.4 chili per
cavallo
la fase della concretezza si apriva con la mclaren
del 1968; poi seguiva la lotus, che riversava questa esperienza
su indianapolis, e soprattutto si attendeva quell'ambizioso
progetto a 4wd della cosworth, rimasto bloccato allo stadio
dei collaudi, tra gli insuccessi generali della trazione integrale |
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eppure,
l'arma risolutiva era dietro all'angolo: era il profilo alare,
l'unico congegno aerodinamico in grado di creare deportanza
a basso costo e il solo capace di aumentare il peso aderente
artificialmente, cioè con un carico che non fosse una
massa
l'idea era venuta a un ingegnere-pilota americano,
jim hall, texano, costruttore delle chaparral sport
questo
tecnico geniale, più o meno sostenuto dai laboratori
di ricerca della general motors (trasmissioni semi-automatiche
e fornitura di motori), si era imbattuto nella problematica
del basso peso aderente costruendo la sua prima vettura sport
in plastica - scocca e carrozzeria - subito vittoriosa (1964)
sulle piste americane e clamorosamente alla ribalta internazionale
con il successo nella classica 12 ore di sebring del 1965
alla fine di quell'anno, jim hall, abbandonati i materiali
plastici, ha presentato la sua nuova chaparral 2c, con una
grande ala applicata nella parte posteriore: da quel disegno
è nata l'auto da corsa di moderna espressione |
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la chaparral del 1967: una grande ala applicata nella parte
posteriore; da quel disegno è nata l'auto da corsa
di moderna espressione |
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rendering della chaparral realizzato da pietro bassani |
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e
finalmente qualcuno ha avuto la "pensata" del secolo:
se un aereo decolla grazie alla particolare sezione dell'ala
(affusolata, con la coda orientata verso il basso), una vettura
potrebbe essere spinta verso il basso con un'altra ala, del
tutto simile a quella dell'aereo, ma speculare (con la punta-bordo
di uscita) verso l'alto
in questo caso avviene che i filetti
d'aria che scorrono lungo la pancia dell'ala (gonfia) percorrono
una distanza maggiore rispetto ai filetti che scorrono lungo
il dorso (rigonfiamento ridotto)
quindi, poiché i
filetti si devono ricongiungere dopo il passaggio dell'ala,
ne consegue che i filetti sotto all'ala percorrono la maggior
distanza a una velocità maggiore, rispetto a quelli
del dorso
una legge fisica, che la scienza deve agli esperimenti
dello svizzero bernoulli, ci dice che a maggior velocità
di un fluido che scorre all'interno di un tubo corrisponde
una minor pressione: quindi lungo la pancia dell'ala della
chaparral abbiamo una pressione inferiore che lungo il dorso,
e di conseguenza si genera una zona di depressione
da lì
deriva la deportanza, l'aspirazione dell'ala verso il basso
il tutto viene poi amplificato dall'angolo dell'ala rispetto
alla direzione di avanzamento (angolo di incidenza): ad angolo
maggiore corrisponde deportanza maggiore
quindi, fin da subito,
nacquero ali che venivano tenute praticamente orizzontali
in rettilineo, dove la deportanza non solo non serve ma è
addirittura dannosa, per il maggiore impatto con l'aria, per poi aumentare la propria incidenza all'ingresso in curva |
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