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bionica (e biomimesi)
victor papanek nel 1984 definiva così la bionica: scienza che studia l'impiego di prototipi biologici per la produzione di sistemi sintetici creati dall'uomo. per farla più semplice: studiare i principi alla base dei sistemi naturali e, quindi, applicare questi principi e processi ai bisogni dell’umanità

la bionica è una branca del design che trae ispirazione ed indicazioni dalla natura

esistono diverse interpretazioni e, di conseguenza, definizioni di bionica: qui ne abbiamo inserite alcune

come disciplina la bionica è nata negli anni ’70, ma già leonardo da vinci ed i navigatori nel 1700 se ne servirono

la natura si è evoluta nel corso di millenni tendendo sempre di più all’adattamento

ispirarsi alla natura significa servirsi di millenni di esperienza per creare oggetti sempre più funzionali

la bionica si ispira a ciò che vive, come ricorda l’etimologia stessa della parola (bios = vita), non tanto per quanto riguarda la sua forma, quanto per la sua funzione

la bionica può trarre ispirazione dalla natura per progettare qualcosa di simile e procedere per omologia, oppure può utilizzare queste informazioni per fare qualcosa di diverso e procedere per analogia

c'è anche chi parla di biomimesi (si può pronunciare sia come biomìmesi che come biomimèsi) anziché di bionica

con biomimesi infatti si designa la disciplina, di recente formalizzazione, che studia e imita le caratteristiche degli esseri viventi come modello cui ispirarsi per il miglioramento di attività e tecnologie umane

si cita il caso della produzione di impermeabili, di vernici speciali impiegate nell’edilizia, di nuovi materiali adesivi, influenzata dall’osservazione e dall’analisi delle caratteristiche delle ali delle farfalle, di determinate sostanze presenti nelle foglie di alcune piante, delle membrane adesive dei gechi

in qualche modo, uno dei più illustri antenati moderni della biomimesi è considerabile leonardo da vinci

la voce biomimesi stenta ancora a entrare nei dizionari della lingua italiana: è ben possibile che ciò succeda a breve, vista la crescente diffusione della disciplina, ampiamente documentata dalle occorrenze reperite in rete

non si può parlare, per biomimesi, di una parola d’uso comune, proprio perché l’ambito in cui viene utilizzata è tecnico-scientifico, specifico e settoriale, anche se le ricadute nella vita pratica della disciplina designata dal termine biomimesi favoriranno di certo una conoscenza più diffusa di entrambi

l’etimologia è trasparente: da una parte il prefisso bio-, in uno dei suoi quattro principali significati, vale a dire quello più antico di ‘relativo alla vita, agli organismi viventi’ (dal greco bíos ‘vita’); dall’altro mimesi ‘imitazione’, che ci viene dal greco attraverso il latino

si parla quindi di "copia"

ma noi non copiamo; invece capiamo, o cerchiamo di capire, per poi interpretare, re-interpretare, studiare, progettare, disegnare (nel senso del design)

è per questo motivo che il termine "biomimesi" i sta un po' stretto

quindi, in parte per questo motivo e in parte perché il termine "bionica" è più largamente diffuso, d'ora in avanti useremo quest'ultimo per parlare di questo argomento

perché occuparsi di bionica?

una risposta, apparente banale, può essere: perché la natura non sbaglia

hai mai osservato da vicino un filo d'erba?

il filo d'erba ha uno spessore sottile, e quindi flessibile

cioè, è adatto a flettersi alle folate di vento

però un filo d'erba riesce, nonostante la sua forma longilinea, a sostenersi, cioè a reggersi in verticale

di conseguenza può raccogliere i raggi solari per utilizzarli nella sintesi clorofilliana

ma come fa a sostenersi?

semplice, quanto geniale: il filo d'erba non è piatto, ma ha una sezione a "v"

la "v" fa sì che la piega tra le due superfici verticali funga da controventatura, così come in architettura si usa la trave a "t" o nel product design si utilizzano le nervature negli stampi

il filo d'erba funziona

è stato ben progettato (creato) oppure si è ben evoluto

la distinzione tra i due punti di vista è data dal levello di credo insito in ognuno di noi

fatto sta che il filo d'erba è uno degli esempi più eclatanti di come un esempio di vita naturale possa fungere da modello per una ricerca e una riflessione su come meglio poter utilizzare uno dei suoi molti meccanismi naturali

in questo caso: la struttura a "v", resistente ma flessibile

se fosse più resistente si spezzerebbe: e si spezzerebbe la sua vita

se fosse più cedevole non avrebbe la forza di autostenersi, e quindi morirebbe

splendido equilibrio!

come utilizzare il filo d'erba in una ricerca di bionica?

un'applicazione generale, come detto, è il principio per cui una piega rende la superficie più resistente

prendi un foglio di carta e sostienilo dal lato più corto

il foglio si piegherà ammosciandosi

ora invece fai una piega longitudinale nel foglio e riprendilo dal lato corto: ora il foglio resterà perfettamente orizzontale

non hai aggiunto materiale, nè hai fatto saldature o utilizzando collanti

solo una piega

scopri poi che, facendo molte pieghe parallele, in avanti e indietro, il foglio risulterà molto resistente

ora lo puoi appoggiare sul tavolo e poggiarvi sopra un oggetto: vedrai che il foglio "plissettato" sorreggerà l'oggetto

quindi il "design" del filo d'erba ci può insegnare, per esempio, come progettare oggetti sottili, ma resistenti (gambe di sedie, strutture di tavoli, ecc...)